Del bidet e della teoria sull’umano che si abitua a tutto

Dopo un lungo processo di ricerca di un piso, infine sembra che la mia ricerca sia giunta al suo dolce finale. In questo processo, la mia bizzarra esigenza (quanto meno bizzarra nel contesto locale), di una casa provvista di un bidet ha suscitato non poche ironie e dibattiti. L’altro giorno Lucia mi ha commentanto che dovrei flessibilizzarmi sul tema del bidé. Li per li mi é sembrato un commento giustificato ma poi mi sono chiesta  fino a che punto devo adattarmi alle abitudine igeniche di un paese che non apprezza il piacere del culo fresquito?

L’essere umano é fisicamente programmato per potersi adattare alle situazioni piú diverse. Da un punto di vista strettamente quotidiano, quando si sente un odore sgradevole dopo un pò si smette di sentirlo, quando si prova un dolore troppo forte si perde coscienza. Da un punto di vista fisiologico, se si indossano occhiali con lenti deformanti dopo poche settimane la nostra percezione si adatta e torna alla normalità.

Questo adattamento al molteplice, non posso che considerarlo come un’arma a doppio taglio: da un parte é probabilmente solo grazie a questo che esistiamo come specie, dall’altro mi sembra una tara genetica per ostacolare lo sviluppo di una forza di reazione.

La capacità di adattamento é una variabile che si muove in un continuum tra l’intelligenza pratica, il porsi in un rapporto fluido e dinamico con la vita e la forma piú elevata di staticità.

La staticità della Winnie di Samuel Beckett, che intrappolata fino alla vita nel deserto di “Happy Days”, conclude la sua esistenza scenica con il marito che afferma che ciò che più gli sorprende degli uomini é che sono capaci di adattarsi a tutto.Una capacità di adattamento che é una vocina subdola, che dice che “in fondo non va così male” e si trasforma nel catalizzatore di ogni passività.

Nell’epoca dell’elogio del pensiero debole, del pensiero capace di adattarsi, quanto questa forma di mobilità mentale é una risorsa e quanto una trappola?

É un pensiero mobile, o realmente é solo il corrispettivo mentale di un cyclette, con cui stanno ingannando le brillanti generazioni postmoderne, convicendole che lavarsi il culo nella doccia non é poi così male?

arte y neurociencia

En este video
http://ag3.griffith.edu.au/sites/default/files/Player.swf
Shaun Gallagher presenta su teoria sobre arte y mirror neurons en respuesta a la teoria de Gallese y Freedman. Su idea se basa en la teoria que la percepción estetica sea un “I can not”, o sea un respuesta kinestetica- anticipatoria a un affordance que no se puede realizar.
Por alguna razón remota este concepto se vincula en mi cerebro al concepto se sublime de Kant: “il sublime è quel sentimento di contraddittorio di attrazione-repulsione che nasce con l’inadeguatezza dei nostri mezzi concettuali a comprendere l’assolutamente grande”.
Indipendentemente dai miei link cerebrali, se la risposta estetica é un “I can interact with this thing”, entonces como situamos toda el arte interactivo?
Qué estado de ambiguedad necesita una obra interactiva para ser en el mismo tiempo un “I can” y un “I can’t”?

Under Me Sensi

Lo psicanalista Ernest Schachtel sostiene che “sight and hearing are distance senses, while smell, taste and touch are close senses that required intimate contact much like that between child and its mother”. Da qui ne deduce una teoria cospiranoica post-edipica sul fatto che la maggior parte di discipline abbiano concentrato le loro attenzioni sui distance senses invece che sui close senses..
mah..
anyway..
Da qui alcuni fallimentari tentativi commerciali di includere i sensi svantaggiati nel grande mercato di capitalizzazione di ogni capacità dell’essere umano:
senti come puzza questo film
– AromaRama: espulsa odori attraverso il sistema di aria condizionata di un teatro o cinema
Smell-O-Vision: il sistema si raffina, un tubo per ogni sedia

senti come puzza questo blog
iSmell: apparato da attaccare al computer via USB che emette odori quando visiti una pagina web o apri una mail (non é dato a sapere se di forma criteriata o random.); nel 2006 si classifica tra i “25 Worst Tech Products of All Time”

Proposito dell’anno nuovo

giacché a quanto pare non mi animo particolarmente a diffondere i cazzi miei per il cyberspazio e per di piú la mia morale ecologica digitale mi dice di smetterla di generare e-basura, giungo alla conclusione che questo blog cambierà di funzione.
Dalla stanza digitale tutta per me passerà ad essere uno mas dei vari dispositivi in cui rigurgitare i limiti della mia memoria.
Welcome to life, mio caro blog memoria exografica..

Sul panopticum domestico ed altri attentati alla privacy prima che sia l’alba

Il mio bioritmo è cambiato un’altra volta nel corso di pressapoco due settimane di tempo. Sveglia dalle 7 del mattino, contro qualsiasi abitudine esistenziale.
E, giá rileggendo la frase anteriore di questo stesso post, mi rendo conto del triste inganno di cui mi sto parlando: frasi baldanzose tipo cambio di bioritmo e cazzi e mazzi. se neanche credo che il bioritmo esista.
fuck funzione fatica che ti permette iniziare a scrivere un post.

sinceramente e disperatamente era la ricerca di quel minimo sindacale di spazio-tempo esistenziale per farmi i cazzi miei senza avere nessuno tra i coglioni.
Giá.. ma l’eccesso di musica e la mia incredibile torpeza mi impediscono di conquistarmi il bramato istante.
Il mio onnipresente boyfriend s’è svegliato e giacchè, por lo que parece, lui è molto piú aggraziato e silenzioso di me, mi ha fatto un agguato appostandomi alle mie spalle mentre scrivevo una mail.
Non so perché tutto d’un colpo è ritornata una rabbiosa sensazione adolescenziale.
Di mia madre, con la sua pretensione di essere l’onniscente panopticum domestico, ed il mio diario segreto.
O sempre me medesima che mi portavo il cellullare anche al bagno per non lasciarlo mai incustodido.
E non che allora ne ora sia la custode di chissà quali templari segreti, pero suppongo che il diritto nel porre un limite che stabilisca dove inizia il mio privato contribuisca a definire il concetto di persona.
E non solo il privato in se, con tutte quelle annotazioni pseudolegali di privacy etc, ma esattamente stabilire e difendere con le unghie e con i denti la sfera in cui si sviluppano i cazzi miei.
Come la boccia rosso, che è del pesce rosso e basta e neanche sembra tale gran conquista.
Ebbene si. posso concludere che all’interno di uno stile di vita pseudo familiare (che possa essere una relazione di coppia, o genitoriale, o qualsiasi altra forma che ti faccia supporre che condividiate qualcosa di piú che l’affitto), la boccia di pesce sia una, se non LA conquista.
E che cazzo, mi sono svegliata alla sette, per godere del gusto di simulare un spazio di solitudine, di lasciare i miei pensieri rimbalzare sulle pareti della mia boccia, vedere il mondo deformato dall ‘interno di un vetro bombato.
E no, neanche questo è valso. Sei giá dietro di me, chiedendomi cosa faccia e cosa non faccia, perché abbia chiuso con incredibile mancanza di grazia la finestra del mail.
..

POST_PASQUA


Dopo la mia pasqua raffreddata sotto la pioggia e una pasquetta malaticcia, riciclo un video post-pasquale che produssi hace un año per la minipimer.
Il relax da vacanze rallenta l’ingegno e addolcisce la capacitá di auto-critica.

WHEN I WAS JUST A LITTLE ERASMUS

Vaga nostalgia di tornare alla mia spensieratezza artiplasta da Erasmus. La crisi post-laurea mi ha condotto ad abbandonare la tendenza surrealista-bricola dei tempi che furono. Seri dubbi sul fatto che la mia attuale maniera di passare il tempo sia piú benefica che decorare i bidoni della spazzatura.

or dunque…

..mi domando, perchè simulare di essere una blogger? dopo aver recuperato per l’ennesima volta la password persa nell’oblio dell’inattivitá del mio blog, mi domando se conserva ancora un briciolo di senso avere un blog.

Dissertare sul nulla riducendo la comunicazione ad un mero esercizio di stile.

Forse non è il momento per scrivere.

Meglio impegnarmi in qualche attivitá piú proficua per una fredda domenica afflitta dalle bizze de cambio climatico.

Sperimenteró una torta, dedicata al buon proposito di fare un uso piú frequente e sensato del mio blog.

L’unico pensiero limpido di questo nebuloso momento post-risveglio è il processo evolutivo dei miei sogni.

Per anni ho sognato e risognato di essere alla guida di un auto priva di controllo.

Questa notte il sogno si è ripetuto ma l’auto era stato sostituita da un camion, la cui conformazione mi impediva di vedere la strada e raggiungere i pedali nello stesso tempo.

Lasciando perdere eventuali interpretazioni freudiane o post-freudiane mi domando se c’è un qualche discorso logico in questo impressionante cambio di cilindrata o semplicemente se il tema automobile abbia smesso di essere una paura plausibile con ormai 5 anni di patente.

Giacchè il mio momento riflessivo-sportivo mattutino è stato reso impossibile dalle avversitá metereologiche, non ho trovato soluzione migliore che confidare le mie perplessitá al cyberspazio. La scelta peró  non sembra funzionare. Il ruolo del blog, a  metá tra il terapista è l’esibizione teatrale del sé,  tende eccessivamente verso la seconda opzione, annullando ogni profonditá e lasciandomi dilettare con il dolce piacere della scrittura vacua..

IL DISCRETO FASCINO DELLA PARANOIA

16/07/2009

Barcelona- Milano MPX

Curioso aggregato di fenomeni antropologici.

Al momento dell’imbarco, con il nobile fine di reprimere la mia attitudine scrutatrice-molesta, evitai di sedermi al lato di una versione rifatta di Moira Orfei, che mi avrebbe impedidito ogni genere di concentrazione e mi avrebbe costretto ad una lunga analisi anatomica riguardante i danni della chirurgia estetica e la patafisica antigravitazionale de tupè che tende alle ventole dell’aria condizionata.

Scelsi pertanto un posto anonimo al lato di un’altrettanto anonimo personaggio: uno di quegli speciali esseri umani la cui combinazione di caratteristiche fisionomiche risulta completamente indifferente e immemorizabile, di quei personaggi di cui non sapresti dire il colore degli occhi ne il colore dei capelli neanche se ci passassi tutta la vita seduto davanti.

Pensando di salvarmi in tal modo dal mio istinto etnografico barato sono invece stata catturata dal potere del “foglio bianco” che una faccia cosí insulsa puó generare.

O meglio, il suo incredibile carattere insipido unito al mio essere un prodotto del bombardeo mediatico, hanno generato un mostro a partire del mio vicino di aereo.

Lo osservo con attenzione (forse quasi con ostinazione) e nella mia mente diventa Alberto Stasi, misterioso ed insulso omicida della provincia milanese.

Storie torbide dell’hinterland, prodotti paranoici affinché le casalinghe disperate possano sospettare anche dei giovani studenti in camicia bianca e non solo dei soliti immigrati.

E anch’io ci sono caduta, la sua infelice somiglianza o forse la sua controversa identitá, mi obbligano a vivisezionare i suoi rasgos, i suoi movimenti.

Analizzare la maniera in cui toglie la stagnola dal panino.

Troppa cura.

Troppa meticolositá per un prodotto destinato alla basura.

La mezcla di troppe serie tv e della lettura dell’intera bibliografia di agatha christe prima dei 12 anni, lo trasformano nell’indiziato perfetto di un qualsiasi delitto morboso.

La noia del viaggio gli aggiunge quel “di piú” per il qualche vale la pena passare un’ora e mezza badare alla sua esistenza.

Mi accorgo che nel costruire un discorso terrorifico su un scialbo essere que esiste al mio lato mi provoca una sorta di piacere recondito, una sensazione di storia da raccontare, di esperienza irreale che diventa reale.

Narrativizzando la vita, filmografando la noia.

Quasi arrivo a comprendere quella strana donna che creo www.ghostwatcher.com

Prodotto certamente piú maniacale, paranoico e ossessivo di una semplice sovrapposizione e trasformazione del tuo vicino in un maniaco omicida.

37 videocamere, distribuite per una casa e collegate in mondovisione affinchè qualcuno la possa avvisare nel caso avvisti quelche fantasma aggirarsi tra il battiscopa e la parte di sotto del comodino.

Successo globale, record di visite e di presunti avvistamenti, che le permettono, in maniera non tanto innocente di trasformare il discreto fascino della paranoia nel disdicevole business della psicosi.

Cerco di pensare in una maniera di rendere lucrativa la mia paranoia attuale, ma credo che en delle magliette “In viaggio con stasi” potrebbero avere molto successo.

Forse potrei tentare di vendere a Mediaset il format “Vola con l’assasino” (certo prima devo cercare un nome migliore): concorso in diretta, al decollo il comandante annuncia che un famoso assasino è presente sull’aereo e chi l’ho identifica prima vince un viaggio a Formentera o qualcosa del genere).

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